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Il «Negativismo» – Il Sistema Filosofico di Nemo De Profetis

Il «Negativismo» – Il Sistema Filosofico di Nemo De Profetis

Veröffentlicht am 15, Aug., 2025 Aktualisiert am 15, Aug., 2025 Kultur
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Il «Negativismo» – Il Sistema Filosofico di Nemo De Profetis

Il Negativismo rappresenta una scuola filosofica contemporanea, post-esistenzialista, fondata da Nemo De Profetis, autore del nucleo teoretico di un sistema che può essere definito come nichilismo edonistico pragmatico, in cui la riflessione sul nulla non è mera astrazione, ma esperienza viva e attiva, una prassi ontologica che si traduce in un non agire consapevole e creativo all’interno della finitezza dell’esserci.


Di Nemo De Profetis si conosce soltanto che è nato a Padova, e che l’anno della sua nascita rimane indefinito, secondo la sua precisa concezione secondo cui contare gli anni costituisce già una forma di azione e di appartenenza a una temporalità codificata, mentre il suo pensiero mira a sospendere ogni norma prestabilita per ritrovare il nucleo essenziale dell’esperienza, l’ego trascendentale, al di là di ruoli sociali e maschere culturali, in un’interazione costante tra la temporalità ansiogena e la responsabilità ontologica che informa ogni atto del sé.


De Profetis, per esprimere con precisione il suo pensiero, ha scelto di utilizzare la lingua dei grandi filosofi degli ultimi secoli, il tedesco. Non ultimo, Nemo De Profetis ha ideato un movimento politico denominato “Partito Nichilista Universale”, la cui originalità risiede nel collocare il nulla al centro stesso della propria visione politica, trasformando l’assenza in principio ordinatore e fondamento ontologico della non-azione collettiva. In questo contesto, il programma del movimento si caratterizza paradossalmente per la sua totale assenza di un programma con contenuti produttivi, diventando manifesto del vuoto come metodo e come fine, in cui ogni proposta politica è ridotta a esercizio di sospensione e di apertura alla possibilità infinita del non-agire nella casistica considerata.


L’orizzonte negativista, così delineato, si colloca in una zona di tensione tra l’indifferenza creatrice e la sospensione fenomenologica delle relazioni interpersonali, tra l’intuizione categoriale del proprio essere e la riduzione agli elementi essenziali, perseguendo una consapevolezza della propria esistenza che coincide paradossalmente con il nulla qualificato, e proponendo una visione in cui la pace ontologica non è semplice quiete, ma risultato di un attraversamento attivo del nulla e delle possibilità autentiche dell’esserci, in cui l’angoscia stessa diventa produttiva, generando la libertà di definire il proprio senso e il proprio mondo senza appoggiarsi a valori esterni o convenzioni predefinite.


In questa prospettiva, come chiaramente scrive nella sua opera maggiore «Essere e Nulla» (Sein und Nichts) — della quale qui riporteremo molte citazioni — ogni atto, ogni scelta e ogni percezione vengono assunti come momenti di un’esperienza radicalmente consapevole, in cui l’essere nulla non è mera negazione, ma affermazione creativa del proprio divenire, e in cui l’indifferenza epistemologica, etica ed estetica, così come la sospensione fenomenologica di ogni relazione con l’altro, servono a purificare lo sguardo e a ricondurre l’attenzione all’essenza più autentica del sé, in una continua esplorazione tra intuizione dell’essere proprio, temporalità ansiogena e apertura alla responsabilità ontologica, configurando un percorso filosofico rigoroso che si situa tra il pensiero husserliano della riduzione e dell’intuizione categoriale e l’ontologia heideggeriana dell’esserci autentico, dell’angoscia, del nulla e della gelassenheit, con l’obiettivo di un’esperienza di sé che sia insieme radicale, creativa e profondamente libera.


Per immergerci immediatamente nella complessità del suo pensiero, iniziamo con la citazione completa della prefazione a “Essere e Nulla” (Sein und Nichts), opera di riferimento di Nemo De Profetis, tuttora inedita e che, forse, tale rimarrà, in coerenza con il pensiero dell’autore:


Vorwort zu „Sein und Nichts”, Von Nemo De Profetis


«La presente trattazione si propone di fondare la scienza del sapere assoluto su basi autentiche, smascherando l’errore fondamentale che ha attraversato la filosofia sino ad oggi: la presupposizione secondo cui l’Essere costituirebbe il principio di ogni conoscenza. Contro tale inganno, dominante fin dai tempi di Parmenide, si intende dimostrare che il Nulla precede logicamente — e non soltanto temporalmente — l’Essere, e che ogni autentico atto conoscitivo deve muovere dal Nulla.

È opinione comune che la coscienza, per accedere alla verità, debba confrontarsi con l’essente, e che attraverso lo sforzo concettuale debba afferrare l’Essere. Ma tale convinzione nasce da una radicale incomprensione della struttura ontologica della realtà. L’Essere, lungi dall’essere il primordiale, si rivela, a uno sguardo più acuto, come una determinazione secondaria, una complicazione dell’originario semplice, una cristallizzazione di quel fluido Nulla che costituisce la vera sostanza di ogni realtà.

La coscienza naturale, prigioniera dell’illusione della produttività, crede di avvicinarsi alla verità mediante l’azione e la creazione. Essa ignora che ogni atto è un allontanamento dall’Assoluto, ogni produzione una falsificazione del Nulla originario. La fenomenologia del Nulla, quale qui si intende sviluppare, percorre dunque la via opposta: essa inizia con una radicale epoché di ogni posizionamento, con la sospensione metodica di tutto ciò che la coscienza naturale ritiene reale.

Il cammino verso la conoscenza assoluta non passa attraverso la faticosa appropriazione dell’essente, bensì attraverso la sistematica spoliazione, ciò che definiamo disvelamento per sottrazione. La coscienza deve imparare non ad afferrare, ma a lasciar andare; non ad affermare, ma a negare; non ad essere-per-l’altro, ma a transitare verso il non-essere-per-l’altro.

Questo movimento non è frutto arbitrario di una mente speculativa, bensì la necessaria auto-movimentazione del concetto stesso, nella misura in cui esso si libera dalle sue determinazioni esteriori e ritorna alla propria originaria purezza. Il Nulla si rivela così non come astrazione vuota, ma come il più concreto dei concreti, come quella negatività assoluta da cui ogni positività scaturisce e nella quale essa si riassorbe.

Si mostrerà che l’Assoluto non è né sostanza né soggetto, ma Nulla qualificato — un Nulla determinato non dalla mancanza, bensì dall’eccedenza. Questo Nulla qualificato è il vero luogo della libertà, poiché solo in esso la coscienza può liberarsi da ogni determinazione eteronoma e giungere alla propria autentica autodeterminazione.

Il processo dialettico qui delineato si compie come dialettica dell’inattività. Mentre la dialettica tradizionale avanza per tesi, antitesi e sintesi, la dialettica negativista si dispiega attraverso omissione, rifiuto e indifferenza creativa. Ogni stadio della coscienza non si arricchisce di nuovi contenuti, ma si purifica mediante una sistematica svuotamento, fino a giungere allo stato di non-preoccupazione, in cui essa coincide con l’Assoluto.

La descrizione di questo percorso esige una nuova forma di linguaggio filosofico. Poiché il pensiero ordinario è imprigionato nelle categorie della produttività, è necessaria una lingua della sottrazione, una retorica dell’omissione. Solo così si può evitare che la verità del Nulla venga catturata nelle maglie della determinazione concettuale.

Potrà apparire inizialmente strano al lettore che qui venga presentato un sistema che assume il non-sistema come principio, una metodologia che eleva il non-metodo a suprema arte. Ma proprio in questa apparente paradossalità risiede la verità della questione. L’Assoluto non si conquista con la forza del concetto, ma si accoglie con la mitezza della serenità.

L’essere-al-Nulla, quale struttura fondamentale dell’esistenza autentica, si rivelerà come quella dimensione in cui la coscienza finalmente si riconcilia con se stessa. Non attraverso lo sforzo dell’auto-negazione, ma mediante l’arte della conservazione di sé, essa giunge a quella quiete assoluta in cui ogni movimento è sospeso, ogni inquietudine placata, ogni alienazione superata.

Così questa fenomenologia del Nulla inizia dal più semplice: dal rifiuto puro, dal “no” indeterminato a ogni determinazione. E termina nel più ricco: in quella totalità concreta del Nulla, in cui tutte le determinazioni sono contenute come superate, tutte le differenze unite come riconciliate.

Il lettore che percorrerà questo cammino con la dovuta serietà e la necessaria pazienza, non solo avrà compreso la verità del negativismo, ma sarà egli stesso divenuto atto vivente di tale verità. Poiché il sapere supremo non è un possesso, ma un essere — o meglio: un non-essere-per-l’altro nella libertà assoluta del Nulla qualificato».

Padova, nell’anno del Nulla

Nemo De Profetis




1. Fondamenti Ontologici del Negativismo: La Metafisica del Non-Essere-Per-Altro (Nicht-Sein-für-Anderes)


Il sistema ontologico di Nemo De Profetis opera una rivoluzione copernicana rispetto alla tradizione filosofica occidentale (Umkehr der fundamentalen Ontologie, ribaltamento dell’Ontologia Fondamentale), sostituendo al primato dell’essere quello del non-essere qualificato. Diversamente dal nichilismo nietzschiano, che proclama la morte di Dio, il Negativismo proclama la morte dell’Obbligo, inaugurando così l’era dell’Anarchia Ontologica (Ontologische Anarchie).


1.1 La Distinzione Fondamentale


L’Essere-al-dovere (Sein-zur-Pflicht): l’inautenticità strutturale. L’Essere-al-dovere rappresenta la modalità esistenziale degradata in cui l’Esserci (Dasein) si trova gettato (Geworfenheit) nel mondo delle responsabilità. Questa condizione si caratterizza per:


a) La Temporalità Alienata (Entfremdete Zeitlichkeit): l’esistenza è scandita da ritmi etero-imposti (orari di lavoro, scadenze, appuntamenti) che frammentano l’unità originaria del tempo vissuto. Il soggetto diventa schiavo del cronos anziché signore del kairos.


b) L’Essere-per-Altri-Prima-di-Sé (Sein-für-Andere-vor-sich-selbst): in questa modalità, l’individuo esiste principalmente in funzione di istanze esterne (famiglia, società, economia), perdendo così il contatto con la propria autenticità esistenziale. È ciò che De Profetis definisce il “tradimento ontologico originario”.


c) L’Angoscia Produttiva (Produktive-Angst): Contrariamente all’angoscia heideggeriana che rivela il nulla, l’angoscia del Sein-zur-Pflicht è un’angoscia produttiva che spinge verso l’azione, impedendo così la contemplazione dell’essere. È un’angoscia onto-negativa che allontana dalla verità.


L’Essere-al-nulla (Sein-zum-Nichts): La Condizione Esistenziale Privilegiata. Il Sein-zum-Nichts non va confuso con il nichilismo passivo: si tratta, al contrario, di una modalità attiva di sottrazione che richiede una rigorosa disciplina spirituale. Si articola in tre momenti fenomenologici:


a) L’Epoché Sociale (Soziale-Epoché): Sospensione metodica di ogni giudizio di valore proveniente dal mondo sociale. Non si tratta di ignoranza, bensì di un’indifferenza consapevole che consente di accedere alla sfera dell’autenticità pura.


b) Il Ritorno agli Elementi Essenziali (Rückführung auf die wesentlichen Elemente): Eliminazione graduale di ogni elemento superfluo (lavoro, impegni, preoccupazioni) per raggiungere il nucleo esistenziale minimo: meditazione, riposo, autocontemplazione.


c) L’Intuizione Categoriale del Proprio Essere (Kategoriale Anschauung des eigenen Seins): Accesso diretto alla propria essenza, libero da mediazioni sociali o culturali. È ciò che De Profetis definisce l’apertura originaria attraverso la sottrazione (Erschließung durch Subtraktion).


2. Il Non-Essere-Per-Altro (Nicht-Sein-für-Anderes): Il Principio Supremo


2.1 Genealogia del Concetto


Il Nicht-Sein-für-Anderes costituisce il principio architettonico dell’intera filosofia negativista. Esso emerge dalla critica radicale dell’Essere-per-Altri (Sein-für-Anderes) hegeliano e dell’Essere-con (Mitsein) heideggeriano, entrambi accusati di compromesso ontologico. Mentre Hegel identifica nel riconoscimento reciproco la condizione della coscienza di sé, e Heidegger nell’essere-con una struttura originaria dell’Esserci, De Profetis ravvisa in questi concetti la radice dell’alienazione esistenziale. Il Nicht-Sein-für-Anderes si configura pertanto come una categoria di liberazione che restituisce all’individuo la sua sovranità ontologica.


2.2 Struttura Formale del Nicht-Sein-für-Anderes


Il principio si articola secondo una dialettica negativa in tre momenti:


a) Negazione della Negazione: L’individuo nega la negazione di sé operata dalla società, recuperando così la positività originaria del proprio essere.


b) Affermazione per sottrazione: non si afferma qualcosa, ma si afferma il diritto al nulla, che è paradossalmente la forma più piena di autoaffermazione.


c) Sintesi nell’Indifferenza Creatrice (Schöpferische Indifferenz): L’indifferenza non è passività, bensì attività suprema che crea spazio all’essere autentico attraverso il rifiuto dell’inautentico (Die höchste Tätigkeit, die dem eigentlichen Sein Raum eröffnet, indem sie das Uneigentliche verweigert).


3. L’Essere-per-il-sé (Sein-für-sich): L’Autocontemplazione come Praxis Suprema


L’Essere-per-il-sé (Sein-für-sich) rappresenta la dimensione più radicale nel pensiero di De Profetis, in cui l’autocontemplazione non si configura come semplice introspezione psicologica, bensì come una praxis suprema. In essa, il soggetto si confronta con la propria essenza ontologica, sospendendo ogni mediazione esterna e ogni coinvolgimento in ruoli e maschere sociali, per accedere direttamente al nucleo invariante del proprio essere.


In questa prospettiva, l’autocontemplazione si configura come un atto creativo e al contempo disciplinato, un processo di apertura originaria attraverso la sottrazione (Erschließung durch Subtraktion) che libera l’esistenza dalle costrizioni della quotidianità e la pone in contatto con il proprio nulla qualificato. In questo modo, ogni momento dell’esistenza diventa simultaneamente esperienza del vuoto e occasione di produzione ontologica.


3.1 Oltre l’En-soi e il Pour-soi Sartriano


Sartre distingueva tra essere-in-sé (essere delle cose) e essere-per-sé (essere della coscienza), trovando in questa distinzione la fonte dell’angoscia esistenziale. De Profetis supera questa dicotomia attraverso l’Essere-per-il-sé(Sein-für-sich), che è sintesi dialettica suprema: la coscienza che si fa cosa per se stessa, attraverso l’autocontemplazione, eliminando così la lacuna ontologica che genera angoscia.


3.2 La Comunione Mistica con Sé Stessi: Fenomenologia dell’Autocoscienza Pura


L’autocontemplazione di stampo negativista non costituisce una forma di narcisismo psicologico, bensì un processo ontologico di primaria importanza. Si articola in:


a) Epoché interpersonale (Zwischenmenschliche Epoché): Sospensione di ogni relazione con l’altro, non per misantropia, bensì per una purificazione fenomenologica.


b) Riduzione all’Ego Trascendentale (Reduktion auf das transzendentale Ich): scoperta del nucleo invariante della propria identità, al di là dei ruoli sociali e delle maschere culturali.


c) Intuizione dell’Essere Proprio (Anschauung des eigenen Seins): Accesso immediato alla propria essenza ontologica, che coincide paradossalmente con il proprio nulla qualificato.


3.3 La Dissoluzione dell’Angoscia Esistenziale


A differenza di Heidegger, che identifica nell’angoscia (Angst) la modalità emotiva fondamentale che rivela il nulla, De Profetis scopre che l’angoscia origina proprio dalla fuga dal nulla autentico verso l’essere falso del dovere. L’Essere-per-il-sé dissolve l’angoscia perché:


• Elimina la Temporalità Ansiogena (Angsterzeugende Zeitlichkeit): Non c’è più futuro da progettare né passato da redimere, solo un presente eterno di autocontemplazione.

• Rimuove la Responsabilità Ontologica (Ontologische Verantwortung): Non dovendo essere-per-altri, l’individuo è liberato dal peso della libertà sartriana e dalla responsabilità infinita levinasiana.

• Instaura la Pace Ontologica (Ontologische Ruhe): L’essere coincide finalmente con se stesso, eliminando la differenza ontologica che genera inquietudine.


4. L’Indifferenza al Mondo Esterno come Virtus Suprema

L’Indifferenza al Mondo Esterno (Gleichgültigkeit gegenüber der äußeren Welt) come virtus suprema, incarnata nella fenomenologia dell’Indifferenza Creatrice (Schöpferische Indifferenz), si manifesta come capacità di sospendere ogni coinvolgimento emotivo e giudizio convenzionale nei confronti delle strutture sociali, dei valori condivisi e delle imposizioni culturali, trasformando questa sospensione in un atto attivo e generativo. In tale prospettiva, l’indifferenza non è apatia, ma praxis ontologica che consente al soggetto di accedere alla propria essenza autentica, liberando l’ego trascendentale dalle maschere e dai ruoli e aprendo la possibilità di un’autocontemplazione creativa, in cui l’essere nulla si rivela come terreno fertile per la produzione di senso.


4.1 Critica della Sorge Heideggeriana


Heidegger identifica nella Cura (Sorge) la struttura esistenziale costitutiva dell’Esserci (Dasein): un’apertura costante al mondo, un’immedesimazione nelle possibilità e nei progetti che definiscono il senso dell’esistenza. De Profetis ribalta radicalmente questa prospettiva, definendo la Cura non come fondamento, bensì come patologia ontologica che intrappola il soggetto in finalità estrinseche e impedisce di cogliere l’essere autentico.


La Cura, infatti, moltiplica le “preoccupazioni” fino a soffocare ogni esperienza del Nulla, generando ansia produttiva e proiezione ossessiva nel futuro; coinvolge l’essere-per-altri, ovvero verso ruoli, obblighi sociali e maschere culturali, trasformando il soggetto in mero esecutore di norme e aspettative. Si verrebbe dunque a creare una sorta di incapacità di sospensione fenomenologica. Prendendosi cura di tutto, «il soggetto non imparerebbe mai a lasciare andare» (Das Subjekt würde niemals das Sich-Loslassen erlernen), perdendo la capacità di un’osservazione disincantata e liberatoria del proprio nucleo essenziale.


4.2 Fenomenologia dell’Indifferenza Creatrice (Schöpferische Indifferenz)


L’indifferenza negativista non è apatia (assenza di pathos), bensì a-patia attiva: l’In-cura (Un-sorge) per il mondo. De Profetis la definisce anche come dialettica del “nulla mi interessa” (Das-Nichts-geht-mich-nichts-an). L’espressione “nulla mi interessa” esprime una dialettica negativa che inverte la relazione tra soggetto e oggetto: non è l’io a interessarsi al mondo, ma è il mondo che dovrebbe interessarsi all’io, generando così un’inversione etica di fondamentale importanza. Ad ogni modo l’In-cura (Un-sorge) per il mondo si articola in:


a) Indifferenza epistemologica (Erkenntnistheoretische Indifferenz): Disinteresse per la conoscenza di ciò che non concerne direttamente il proprio benessere ontologico.


b) Indifferenza Etica (Ethische Indifferenz): Sospensione del giudizio morale, intrinsecamente eteronomo e pertanto fonte di alienazione.


c) Indifferenza Estetica (Ästhetische Indifferenz): Non lasciarsi turbare dalla bellezza del mondo, che distrae dall’autocontemplazione essenziale.


4.3 Il Paradosso della Libertà per Sottrazione (Freiheit durch Subtraktion)


L’indifferenza negativista genera un apparente paradosso: maggiore è la distanza dal mondo, maggiore è la libertà ontologica. Si tratta di una libertà negativa che non opera una scelta, ma sceglie di non scegliere, raggiungendo così la libertà assoluta dall’obbligo di essere liberi.


De Profetis propone dunque un’Ontologia dell’Essere-al-nulla (Sein-zum-Nichts). Il sistema ontologico negativista si presenta come alternativa radicale alla metafisica occidentale dell’azione e della produttività. Attraverso il Non-Essere-Per-Altro (Nicht-Sein-für-Anderes) e l’Essere-per-il-sé (Sein-für-sich), De Profetis inaugura un nuovo paradigma filosofico in cui l’Essere-al-nulla (Sein-zum-Nichts) diventa categoria ontologica fondamentale e l’indifferenza (Indifferenz) si rivela come forma suprema di saggezza. Questa non è filosofia per disfattisti, ma metafisica rigorosa dell’autentica esistenza umana, finalmente liberata dalle catene dell’obbligo e restituita alla sua dignità ontologica originaria: quella di essere ente privilegiato che, proprio perché, usando le parole dell’autore, «L’esser-sé-stesso nel non fare si rivela come la modalità autentica dell’esserci verso il nulla, mentre tutti gli altri enti sono condannati all’attività ineluttabile» («Das Sich-Befinden im Nicht-Tun offenbart sich als eigentliche Weise des Seins-zum-Nichts, während alle anderen Seienden zur unentrinnbaren Tätigkeit verurteilt sind»), in altre parole, lo scegliere di non fare nulla, si rivela superiore a tutti gli altri enti condannati all’attività. A tutto ciò, possiamo aggiungere le significative parole di Nemo De Profetis: «Non è che io non faccia niente: io sono il niente che si fa» («Es ist nicht so, dass ich nichts tue: ich bin das Nichts, das sich tut»).


5. Il Vivere Dipendente come Virtù Suprema


Nel paradigma negativista, la dipendenza dagli altri per i bisogni primari dell’esistenza si configura come gesto ontologico radicale, in grado di mettere in crisi la nozione stessa di autonomia economica e di restituire spessore critico al corpo del soggetto. Rinunciando consapevolmente al mito dell’autosufficienza, il negativista espone l’artificialità delle gerarchie produttive e trasforma la dipendenza in fonte di rivelazione: ogni sostegno ricevuto diventa prova che l’Essere-al-dovere (Sein-zur-Pflicht) non è condizione naturale, bensì impalcatura culturale funzionale alla riproduzione del sistema.


Al contempo, l’ozio non è più deficit etico, ma pratica disciplinata, in cui la sospensione del lavoro assume valenza pedagogica, inducendo lo sguardo a cogliere il Nulla qualificato (qualifiziertes Nichts) che si cela sotto la superficie delle cose.


Attraverso questo paradosso – dipendere per liberarsi – l’esserci si sottrae alla compulsione dell’agire e disputa alla produttività l’ultima parola sul senso: «In questo modo l’inattività non si presenta più come mero rifugio, ma si erge a suprema virtù, instaurando una frattura nel ciclo della necessità e dischiudendo una dimensione in cui il co-essere non si traduce più in servizio a fini altrui, bensì si esercita come pratica di convergenza ontologica attorno al nulla qualificato» (Die Untätigkeit wird so nicht bloß Zuflucht, sondern höchste Tugend, die eine Bruchstelle im Kreislauf der Notwendigkeiten einsetzt und einen Bereich eröffnet, in dem das Mitsein nicht mehr Dienst an fremden Zwecken ist, sondern Übung einer ontologischen Konvergenz um das qualifizierte Nichts).


5.1 La Morale del Vivere Dipendente Sistematico


Secondo questa morale, vivere sistematicamente all’insegna della dipendenza volontaria implica assumere una condizione in cui il soggetto è sostenuto da altri nei suoi bisogni primari, ma non in modo passivo o subalterno: il negativista accoglie questa posizione consapevolmente, trasformandola in una pratica etica di resistenza simbolica e fenomenologica. Seguendo una dialettica ispirata al rapporto servo-padrone hegeliano, egli sfrutta la propria condizione di mantenuto per riportare alla coscienza colui che si crede realizzato nell’inautenticità della produzione incessante, disvelando attraverso la propria inattività le contraddizioni e le strutture opprimenti della società, e aprendo l’esperienza dell’esserci verso il nulla. In questo modo, la dipendenza scelta e meditata diventa un mezzo di autocontemplazione radicale e di critica ontologica, in cui ogni gesto di inattività assume valore creativo e normativo, incarnando un giudizio sociale che non è mera denuncia, ma disvelamento dell’autenticità possibile dell’esserci.


5.2 L’Imperativo Categorico Negativo


In contrasto con l’imperativo kantiano, De Profetis enuncia un principio che possiamo definire l’imperativo categorico negativo: “Agisci sempre come se la massima del tuo non-agire fosse elevata dalla tua ragione a legge universale del mondo” («Handle stets, als ob die Maxime deines Nicht-Handelns durch deine Vernunft zu einem allgemeinen Gesetz der Welt erhoben würde»). Questa formula fonda una società ideale in cui la solidarietà non si misura attraverso l’azione produttiva, ma nella condivisione di un’etica del rifiuto consapevole, dove l’inattività stessa diventa momento di apertura al Sé autentico, strumento di lucidità critica e pratica virtuosa, capace di rivelare il valore dell’essere al di là delle imposizioni del mondo esterno.


6. Filosofia Politica: L’Anarchia del Disimpegno


Il Negativismo propone una filosofia politica incentrata sull’Anarchia del disimpegno (die Anarchie der Entpflichtung), concepita come modalità di sospensione consapevole delle dinamiche di potere e delle strutture gerarchiche, in cui l’assenza di desiderio di governare diventa principio regolatore della vita pubblica e condizione di autenticità sociale. In questa prospettiva, il disimpegno non è semplice rifiuto, ma atto creativo e normativo, capace di rivelare l’artificialità delle istituzioni e la futilità delle ambizioni convenzionali, trasformando la politica in fenomeno di autocoscienza collettiva.


6.1 La Repubblica del Nulla


De Profetis delinea un’utopia politica, la Res Publica Nullitatis, in cui la responsabilità governativa è affidata a chi meno desidera governare, e in cui l’amministrazione si fondi sulla consapevole incompetenza e sulla negligenza costruttiva. Questo Stato del nulla (der Staat des Nichts), non rappresenta caos, ma condizione ontologicamente coerente, dove la sospensione dell’azione ordinaria produce effetti di disvelamento della verità sociale, mostrando come l’assenza di potere attivo possa diventare forza normativa e pratica di autenticità, liberando la comunità dai vincoli dell’azione compulsiva e delle gerarchie artificiali. In questo contesto, come accennato nell’introduzione, il “Partito Nichilista Universale”, ideato da De Profetis, presenta un programma che si caratterizza paradossalmente per la sua totale assenza di contenuti produttivi. Diventa così manifesto del vuoto inteso come metodo e come fine, in cui ogni proposta politica è ridotta a esercizio di sospensione e di apertura alla possibilità infinita del non-agire. La coerenza radicale di questa impostazione dimostra come la politica possa essere intesa non come strumento di dominio o di imposizione, bensì come pratica fenomenologica di disvelamento. L’inattività programmata dischiude alla coscienza collettiva la profondità del nulla, trasformando la mancanza di obiettivi in gesto normativo e creativo, e il vuoto stesso in esperienza etica e politica autentica.


6.2 La Rivoluzione Immobile


La trasformazione sociale negativista si realizza attraverso la Rivoluzione immobile, (die unbewegte Revolution), un metodo di mutamento radicale che consiste nel cambiare il mondo restando perfettamente fermi. Questa resistenza passiva, pur nell’apparente immobilità, supera in radicalità quietista ogni precedente forma di non-violenza, configurandosi come pratica ontologica di disvelamento, in cui il non-agire diventa gesto politico creativo, rivelando il vuoto strutturale dell’ordine stabilito e aprendo alla coscienza collettiva l’esperienza dell’esserci autentico, libera dall’incessante impulso alla produzione e alla dominazione.


7. Estetica: La Bellezza dell’Incuria, l’Arte del Non-Fare


L’estetica negativista fonda la sua originalità sulla celebrazione della bellezza dell’incuria (die Schönheit der Nachlässigkeit), concepita non come trascuratezza casuale, ma come manifestazione estetica e ontologica di un principio radicale: l’In-cura, Un-Sorge. In questo senso, l’incuria non è semplice abbandono, ma sospensione consapevole del prendersi cura nel senso tradizionale heideggeriano, trasformando ogni gesto evitato in atto creativo di non-coinvolgimento e rivelando l’esserci nella sua apertura verso il nulla. L’Eleganza del trasandato (die Eleganz des Vernachlässigten) emerge come forma di resistenza estetica alle imposizioni della produttività e della cura funzionale, ponendo l’attenzione sulla qualità dell’essere sospeso piuttosto che sul risultato dell’azione.


Come scrive De Profetis, «l’opera d’arte suprema diventa così la vita stessa vissuta nell’inattività più assoluta (das höchste Kunstwerk ist das Leben im vollkommenen Nicht-Handeln), dove la Non-creazione (Un-Schaffen)si configura come rivelazione fenomenologica dell’esserci, un linguaggio del nulla che dischiude nuove possibilità di esperienza estetica e ontologica.


Ogni Non-creazione, ogni gesto mancato o evitato si eleva a capolavoro, «ein Meisterwerk des Un-Schaffens», in cui la contemplazione dell’in-cura permette di percepire la profondità del vuoto ontologico e la sospensione creativa del Sé, aprendo alla coscienza dell’esserci autentico. In questa estetica, l’inattività diventa «pratica di grazia e libertà radicale» (Praxis der Gnade und radikalen Freiheit), mentre il non-curato, il non-creato e l’evitato si rivelano strumenti privilegiati di rivelazione, giudizio critico e poesia esistenziale, mostrando che il vero splendore consiste nell’arte del non-agire e nella padronanza estetica del nulla.


Das Meisterwerk des Nicht-Handelns


Im Schweigen wächst das Sein,

kein Werk, und doch voll Glanz.

Nicht-Schaffen trägt die Welt,

wie Schatten Licht umfängt.

Die Untätigkeit, Kunst und Recht,

jedes Verzicht ein offenes Tor.

Im Un-Sorge liegt die Freiheit,

und alles ist im Nichts geboren.


Il Capolavoro del Non-Agire


Nel silenzio cresce l’Essere,

nessuna opera, eppure splende.

Il non-creare sostiene il mondo,

come l’ombra avvolge la luce.

L’inattività, arte e giustizia,

ogni rinuncia un varco aperto.

Nell’In-cura giace la libertà,

e tutto nasce dal nulla.


8. Religione e Teologia Negativa: L’In-differenza come Spazio Sacro


Il Negativismo, nella sua radicale liberazione da vincoli e finalità esterne, si pone in indifferenza ontologica rispetto a ogni credo religioso, senza opporvisi né imporne l’adesione. Questa posizione non nasce da ostilità, ma da un riconoscimento fenomenologico: ogni sistema di credenze è, per il soggetto autentico, una forma tra le forme, e come tale può essere osservato, sospeso o vissuto senza vincolo ontologico.


Come afferma De Profetis: „Der Glaube ist für den Negativisten weder Pflicht noch Verweigerung, sondern eine Form des Nichts, die man betreten oder verlassen kann, ohne sein Sein zu verlieren“ (La fede, per il negativista, non è né dovere né rifiuto, ma una forma del nulla che si può abitare o lasciare senza perdere il proprio essere).


In tal senso, il Negativismo non esclude la pratica religiosa, ma la ricolloca nella sfera dell’epoché interiore, dove la fede, se presente, non è più strumento di conformità sociale, bensì momento di auto-rivelazione che il soggetto può accogliere senza perdersi nella sua lettera dogmatica. Il credente negativista non aderisce “per obbligo”, ma trasforma l’atto di culto in una forma di non-azione rituale.


8.1 Teologia Negativa e il Nulla Qualificato


Il punto di contatto più fecondo si trova con la teologia negativa (via negativa), che afferma l’impossibilità di definire Dio attraverso attributi positivi e riconosce come unica via autentica la sottrazione di ogni determinazione concettuale. In questa prospettiva, De Profetis affianca la propria nozione di nulla qualificato al concetto damasciano di arrethon (τὸ ἄρρητον, “l’Indicibile”), ovvero quella realtà suprema che sfugge a ogni enunciazione e si manifesta solo attraverso il silenzio. Damascio (Δαμάσκιος), ultimo scolarca dell’Accademia di Atene (V-VI sec. d.C)., filosofo neoplatonico e autore di «Aporie e soluzioni sui primi principî» (Ἀπορίαι καὶλύσεις περὶ τῶν πρώτων ἀρχῶν), vedeva nell’arrethon il principio primo, assolutamente ineffabile, che trascende anche l’Uno plotiniano e resta irraggiungibile a ogni definizione discorsiva. Come scrive De Profetis: „Gott ist nur dort wahr, wo er entzogen wird; jede Beschreibung ist Verrat, jede Verneinung eine Öffnung“ (Dio è vero solo là dove è sottratto; ogni descrizione è tradimento, ogni negazione un’apertura).


Per De Profetis, il divino e l’arrethon coincidono nella loro struttura ontologica: entrambi possono essere avvicinati solo per sottrazione, mai afferrati mediante concetto. Il Nulla qualificato del Negativismo diventa così il “luogo” in cui il Dio-Indicibile si lascia intravedere come pienezza che non si dice.


8.2 L’In-cura del Divino


L’atteggiamento verso Dio, nel Negativismo, ricalca la logica dell’Un-Sorge: non la cura ansiosa di piacere alla divinità, né la negazione militante, ma un’apertura in cui l’esperienza religiosa è possibile senza che diventi vincolo: „Die wahre Frömmigkeit liegt nicht im Tun, sondern im Sein zum Nichts vor Gott“ (La vera devozione non sta nel fare, ma nell’essere-al-nulla di fronte a Dio).


La pratica religiosa, soprattutto se considerata in un’ottica di scambio produttivo, intesa come preghiera o osservanza di un rito, perde rilevanza in termini di autenticità. Ciò che assume importanza è l’assenza di costrizione e la disponibilità ad accogliere la manifestazione, o la permanenza nell’oscurità, del Divino, secondo un ritmo intrinseco all’esistenza stessa.


8.3 Il Culto del Non-Detto


La pratica religiosa, se accolta con spirito negativista, si trasforma in culto del non-detto: il silenzio come forma suprema di adorazione, il vuoto come tempio, l’assenza di definizioni come unica liturgia universale. L’arrethon di Damascio, come accennato, fornisce in questo contesto la chiave interpretativa: il divino si custodisce proprio nell’assenza di parole, poiché la nominazione lo riduce a oggetto, mentre l’indicibile lo mantiene in purezza. In questo De Profetis non lascia dubbi: «La vera preghiera è silenzio; ogni parola allontana da Dio, ogni richiesta tradisce l’arrethon. Solo nel perfetto non-parlare si fa esperibile la presenza dell’indicibile, e l’Essere-al-nulla diventa forma suprema di adorazione. Il silenzio davanti al nulla è la preghiera suprema» („Das wahre Gebet ist Schweigen; jedes Wort entfernt von Gott, jede Bitte verrät das Arrethon. Nur im vollkommenen Un-Sprechen wird die Gegenwart des Unsagbaren erfahrbar, und das Sein-zum-Nichts wird zur höchsten Form der Anbetung. Das Schweigen vor dem Nichts ist das höchste Gebet”).


Pertanto, il credente e persino l’ateo possono coesistere nello stesso spazio ontologico, entrambi consapevoli che l’essenziale risiede nella sottrazione, non nella proclamazione. Per De Profetis, tuttavia, il divino non è una possibilità ipotetica: Dio esiste, ma non come oggetto di dimostrazione o concetto afferrabile; Egli è la pienezza che si cela nel nulla qualificato, accessibile solo a chi dissolve ogni vincolo e raggiunge la coscienza pura dell’Essere. In questo senso, Dio per il Negativismo è l’arrethon per eccellenza: presenza assoluta che non si lascia dire e che può essere conosciuta solo come assenza di tutto il resto.


L’ateo, in questa prospettiva, non è il nemico della verità, ma colui che non ha ancora compiuto l’attraversamento ontologico necessario a riconoscere che il silenzio e l’assenza di forme sono già il volto nascosto di Dio. Detto con le parole di De Profetis: «Ateo e credente sono ugualmente prigionieri delle loro affermazioni; solo chi si immerge nell’indifferenza raggiunge la sfera in cui il divino può apparire come ombra del nulla, senza costringere o negare» („Atheist und Gläubiger sind gleichermaßen Gefangene ihrer Behauptungen; nur wer sich in die Indifferenz begibt, erreicht die Sphäre, in der das Göttliche als Schatten des Nichts erscheinen kann, ohne zu zwingen oder zu verneinen”).


Così, l’atto religioso e il rifiuto religioso, se vissuti secondo il principio del Nicht-Sein-für-Anderes, si rivelano come variazioni della stessa disciplina del non-agire, in cui perfino il nome di Dio diventa, per usare le parole di De Profetis, „nur ein Schatten des Nichts, der uns zur Fülle des Seins zurückführt“ (solo un’ombra del nulla, che ci riconduce alla pienezza dell’Essere).


9. Il Negativismo come Filosofia dell’Avvenire


Alla luce di quanto detto sinora, il sistema filosofico di Nemo De Profetis si presenta come risposta radicale e postmoderna alla crisi della civiltà occidentale, proponendo il Negativismo come principio regolatore e al contempo come dispositivo di disvelamento ontologico (Negativismus als ontologisches Enthüllungsprinzip). La Sacralizzazione del nulla, (die Heiligung des Nichts), non è semplice astrazione, o provocazione, metafisica, ma strumento di trasformazione dei valori, capace di invertire la gerarchia tra virtù e vizio imposta dalla società borghese: ciò che viene universalmente considerato vizio, come il vivere mantenuti da altri, si rivela massima espressione di critica, lucidità e autonomia ontologica.


In questo rovesciamento di prospettive, la grandezza del Negativismo risiede nella sua capacità di scuotere le fondamenta della civiltà senza azioni materiali, mostrando che la sospensione dell’agire, l’inattività e il distacco consapevole costituiscono «strumenti di rivoluzione filosofica e sociale» (Werkzeuge einer philosophischen und sozialen Revolution), attraverso cui l’esserci sperimenta la propria libertà autentica e dischiude l’apertura dell’avvenire come orizzonte di possibilità radicali.

________________________________


APPENDICE

Citazioni da «Essere e Nulla» (Sein und Nichts) di Nemo De Profetis

Vorwort zu „Sein und Nichts”, Von Nemo De Profetis

Die gegenwärtige Abhandlung stellt sich die Aufgabe, die Wissenschaft des absoluten Wissens auf ihre wahre Grundlage zu stellen, indem sie den fundamentalen Irrtum der bisherigen Philosophie aufdeckt: die Voraussetzung, dass das Sein der Anfang alles Erkennens sei. Gegen diese seit Parmenides herrschende Täuschung gilt es zu zeigen, dass das Nichts nicht nur zeitlich, sondern logisch dem Sein vorausgeht, und dass jede authentische Erkenntnis ihren Ausgang vom Nichts zu nehmen hat.

Es ist die gewöhnliche Vorstellung, dass das Bewusstsein, um zur Wahrheit zu gelangen, sich mit dem Seienden beschäftigen müsse, dass es durch die Anstrengung des Begriffs das Sein zu erfassen habe. Diese Vorstellung entspringt jedoch einer ursprünglichen Verkennung der ontologischen Struktur der Wirklichkeit. Denn das Sein, weit entfernt davon, das Erste zu sein, erweist sich bei genauerer Betrachtung als eine sekundäre Bestimmung, als eine Komplikation des ursprünglich Einfachen, als eine Verhärtung jenes flüssigen Nichts, welches die wahre Substanz aller Realität ausmacht.

Das natürliche Bewusstsein, befangen in der Illusion der Produktivität, glaubt, durch Handeln und Schaffen der Wahrheit näher zu kommen. Es übersieht dabei, dass jede Handlung eine Entfernung vom Absoluten bedeutet, jede Schöpfung eine Verfälschung des ursprünglichen Nichts. Die Phänomenologie des Nichts, wie sie hier entwickelt werden soll, nimmt daher den entgegengesetzten Weg: sie beginnt mit der radikalen Epoché aller Setzungen, mit der methodischen Suspendierung alles dessen, was das natürliche Bewusstsein für wirklich hält.

Der Weg zur absoluten Erkenntnis führt nicht über die mühsame Aneignung des Seienden, sondern über die systematische Enteignung, über das, was wir die *Erschließung durch Subtraktion* (Erschließung durch Subtraktion) nennen. Das Bewusstsein muss lernen, nicht zu greifen, sondern loszulassen, nicht zu behaupten, sondern zu negieren, nicht zu sein-für-Anderes, sondern zum *Nicht-Sein-für-Anderes* überzugehen.

Diese Bewegung ist kein willkürlicher Einfall eines spekulativen Kopfes, sondern die notwendige Selbstbewegung des Begriffs selbst, sofern er sich von seinen äußerlichen Bestimmungen befreit und zu seiner ursprünglichen Reinheit zurückkehrt. Das Nichts erweist sich dabei nicht als leere Abstraktion, sondern als das konkreteste aller Konkreten, als jene absolute Negativität, die alle Positivität aus sich hervorgehen lässt und zugleich in sich zurücknimmt.

Es wird hier gezeigt werden, dass das Absolute weder Substanz noch Subjekt ist, sondern *qualifiziertes Nichts* – ein Nichts, das nicht durch Mangel, sondern durch Überfülle bestimmt ist. Dieses qualifizierte Nichts ist der wahre Ort der Freiheit, denn nur hier kann das Bewusstsein sich von allen heteronomen Bestimmungen befreien und zu seiner authentischen Selbstbestimmung gelangen.

Der dialektische Prozess, der in dieser Schrift dargestellt wird, vollzieht sich als *Dialektik der Inaktivität*. Während die herkömmliche Dialektik durch die Bewegung von These, Antithese und Synthese voranschreitet, entfaltet sich die negativistische Dialektik durch die Bewegung der Unterlassung, der Verweigerung und der schöpferischen Indifferenz. Jede Stufe des Bewusstseins wird nicht durch neue Inhalte bereichert, sondern durch systematische Entleerung geläutert, bis es schließlich in jenem Zustand der *Un-Sorge* ankommt, in welchem es mit dem Absoluten zusammenfällt.

Die Darstellung dieses Weges erfordert eine neue Form der philosophischen Sprache. Da das gewöhnliche Denken in den Kategorien der Produktivität befangen ist, bedarf es einer Sprache der Subtraktion, einer Rhetorik des Unterlassens. Nur so kann vermieden werden, dass die Wahrheit des Nichts in den Netzen der begrifflichen Bestimmung gefangen wird.

Es mag dem Leser zunächst befremdlich erscheinen, dass hier ein System vorgelegt wird, welches das Nicht-System zum Prinzip erhebt, eine Methode, die das Nicht-Verfahren zur höchsten Kunst erklärt. Doch gerade in dieser scheinbaren Paradoxie liegt die Wahrheit der Sache. Denn das Absolute lässt sich nicht durch die Gewalt des Begriffs erobern, sondern nur durch die Sanftmut der Gelassenheit empfangen.

Das *Sein-zum-Nichts*, als fundamentale Struktur des authentischen Daseins, wird sich als jene Dimension erweisen, in welcher das Bewusstsein endlich mit sich selbst versöhnt ist. Nicht durch die Anstrengung der Selbstentäußerung, sondern durch die Kunst der Selbstbewahrung gelangt es zu jener absoluten Ruhe, in welcher alle Bewegung aufgehoben, alle Unruhe gestillt, alle Entfremdung überwunden ist.

So beginnt denn diese Phänomenologie des Nichts mit dem Einfachsten: mit der reinen Verweigerung, mit dem unbestimmten Nein zu allem Bestimmten. Und sie endet mit dem Reichsten: mit jener konkreten Totalität des Nichts, in welcher alle Bestimmungen als aufgehobene enthalten, alle Unterschiede als versöhnte vereint sind.

Der Leser, der diesen Weg mit der gebührenden Ernst und der notwendigen Geduld beschreitet, wird am Ende nicht nur die Wahrheit des Negativismus erkannt haben, sondern wird selbst zum lebendigen Vollzug dieser Wahrheit geworden sein. Denn das höchste Wissen ist nicht ein Haben, sondern ein Sein – oder vielmehr: ein *Nicht-Sein-für-Anderes* in der absoluten Freiheit des qualifizierten Nichts.

Padova, im Jahre des Nichts

Nemo De Profetis


(La traduzione è stata presentata all'inizio del saggio)


Kapitel I – Die Metaphysik des Nicht-Sein-für-Anderes


§1.1 – Das Sein im Nichts — „Das Wesen des Negativismus offenbart sich in der Metaphysik des Nicht-Sein-für-Anderes, Metaphysik des Nicht-Sein-für-Anderes, die die höchste Form der ontologischen Freiheit darstellt; in ihr wird das Individuum von allen externen Zweckbindungen gelöst und entdeckt die radikale Autonomie des Seins, die Autonomie des Seins zum Nichts. Die höchste Tätigkeit, die dem eigentlichen Sein Raum eröffnet, indem sie das Uneigentliche verweigert.“


(L’essenza del Negativismo si manifesta nella Metafisica del Non-Essere-Per-Altro, che rappresenta la forma più alta della libertà ontologica; in essa l’individuo si libera da ogni finalità esterna e scopre l’autonomia radicale dell’Essere, Essere-al-nulla. Attività suprema che crea spazio all’essere autentico attraverso il rifiuto dell’inautentico).


§1.2 – Ontologische Anarchie — „Die ontologische Anarchie, ontologische Anarchie, ist nicht Chaos, sondern die bewusste Suspendierung aller vorgegebenen Seinsstrukturen; sie macht sichtbar, wie das Sein-al-Nichts, Sein-zum-Nichts, der wahre Maßstab der Existenz ist und wie das Nicht-Sein-für-Anderes, Nicht-Sein-für-Anderes, das Prinzip der höchsten Freiheit bleibt.“


(L’Anarchia Ontologica non è caos, ma sospensione consapevole di tutte le strutture dell’essere predefinite; rende visibile come l’Essere-al-nulla sia il vero metro dell’esistenza e come il Non-Essere-Per-Altro rimanga principio della massima libertà).


§1.3 – Das Sein-zur-Pflicht und das Sein-zum-Nichts — „Wer sich vom Sein-zur-Pflicht löst, Sein-al-dovere, tritt in die Erfahrung des Sein-zum-Nichts ein; jede Verpflichtung, die freiwillig aufgegeben wird, offenbart die Tiefe der Nichtigkeit und ermöglicht die unmittelbare Begegnung mit dem Nichts, das zugleich ethisch, ästhetisch und ontologisch ist.“


(Chi si libera dall’Essere-al-dovere entra nell’esperienza dell’Essere-al-nulla; ogni obbligo abbandonato volontariamente rivela la profondità della nullità e permette l’incontro immediato con il Nulla, che è al contempo etico, estetico e ontologico).


§1.4 – Prinzip des Nicht-Sein-für-Anderes — „Das Nicht-Sein-für-Anderes bleibt das oberste Prinzip des Negativismus; in ihm wird das Selbst von allen Erwartungen gelöst, und die Welt zeigt sich in ihrer radikalen Offenheit; die Untätigkeit wird nicht Leere, sondern Medium der höchsten Erkenntnis, Medium der höchsten Freiheit und Einsicht.“


(Il Non-Essere-Per-Altro rimane il principio supremo del Negativismo; in esso il Sé si libera da tutte le aspettative e il mondo si manifesta nella sua apertura radicale; l’inattività non è vuoto, ma medium della massima conoscenza, medium della massima libertà e intuizione).


§1.10 – Die Präsenz des Nichts — „Das Sein offenbart sich nicht in der Tätigkeit, sondern in der radikalen Abwesenheit des Handelns; wer sich in die Tiefe des Nicht-Tuns begibt, erfährt die Unmittelbarkeit des Un-Sorge, Un-Sorge des Seienden gegenüber sich selbst und der Welt.“


(L’Essere non si rivela nell’agire, ma nella radicale assenza dell’azione; chi si immerge nella profondità del non-agire sperimenta l’immediatezza dell’In-cura, In-cura dell’esserci verso se stesso e il mondo).


§1.14 – Die Dialektik der Inaktivität — „Nicht-Handeln ist kein Mangel, sondern die höchste Form der Enthüllung; in jedem Zurückziehen wird das Sein zur schöpferischen Leere, das schöpferische Nicht-Schaffen, das die Alltäglichkeit transzendiert.“


(Il non-agire non è una mancanza, ma la forma più elevata di disvelamento; in ogni ritrarsi, l’Essere diventa vuoto creativo, non-creazione creativa, che trascende l’ordinario).


Kapitel II – Ästhetik der Untätigkeit


§2.2 – Die Schönheit der Nachlässigkeit — „In der Nachlässigkeit liegt nicht Vernachlässigung, sondern ein Kunstwerk des Lebens selbst; das Ungepflegte wird zur Ästhetik des Seins, die Ästhetik des In-Sich-Ruhens, in der jeder unterlassene Schritt eine Offenbarung ist.“


(Nell’incuria non c’è trascuratezza, ma un’opera d’arte della vita stessa; il trasandato diventa estetica dell’Essere, estetica del riposo in sé, dove ogni passo evitato è una rivelazione).


§2.5 – Der Meister des Nicht-Schaffens — „Wer sich weigert, das Vorhandene zu verbessern, meistert die Welt; das Nicht-Schaffen wird zu einer ethischen Praxis, die zugleich ästhetisch und ontologisch ist, ethische Praxis des Nichts.“

(Chi rifiuta di migliorare ciò che esiste, domina il mondo; il non-creare diventa pratica etica, al tempo stesso estetica e ontologica, pratica etica del nulla).


Kapitel III – Politische Ontologie des Nichts


§3.1 – Res Publica Nullitatis — „Die Republik des Nichts ist nicht ein Zustand der Willkür, sondern eine ontologische Struktur, in der der Mangel an Handlung die höchste Form der Ordnung schafft; die Ordnung der Nicht-Aktivität offenbart die Grenzen der Pflicht und der produktiven Gewalt.“


(La Repubblica del Nulla non è uno stato di arbitrarietà, ma una struttura ontologica in cui la mancanza di azione crea la forma più alta di ordine; l’ordine della non-attività rivela i limiti del dovere e della violenza produttiva).


§3.3 – Die unbewegliche Revolution — „Die Revolution, die im vollständigen Stillstand verweilt, offenbart mehr als jede Tat; das Sein zum Nichts, Sein-zum-Nichts, wird zur Norm für die Welt, und die Aktivität der anderen wird durch die Macht des Nicht-Handelns diszipliniert.“


(La rivoluzione che rimane in completo arresto rivela più di ogni azione; l’esserci-per-il-nulla diventa norma per il mondo, e l’attività degli altri è disciplinata dal potere del non-agire).


Kapitel IV – Ontologie der In-Cura


§4.1 – Un-Sorge als Lebensprinzip — „Un-Sorge ist nicht Abwesenheit von Verantwortung, sondern die radikale Umkehr der Sorge; im Verzicht auf Zweckbindung wird das Sein befreit, die Befreiung des Seienden durch Un-Sorge, und die Welt wird in ihrer Nichtigkeit offenbar.“


(L’In-cura non è assenza di responsabilità, ma rovesciamento radicale della cura; nel rifiuto della finalità l’Essere è liberato, liberazione dell’esserci attraverso l’In-cura, e il mondo si manifesta nella sua nullità).


§4.3 – Die Praxis der Selbst-Entfaltung — „Wer sich in die Untätigkeit begibt, entfaltet sich selbst; jede Handlungslosigkeit wird zu einem Prüfstein der Authentizität, Prüfstein des Seins, der das wahre Maß des Individuums zeigt.“


(Chi si immerge nell’inattività si realizza pienamente; ogni mancanza di azione diventa pietra di prova dell’autenticità, pietra di prova dell’Essere, che mostra la vera misura dell’individuo).


Kapitel V – Epistemologie des Nichts


§5.2 – Wissen im Nicht-Wissen — „Das wahre Wissen erwächst aus dem Nichts; indem das Subjekt sich vom Machbaren löst, erkennt es die Grenzen der Erkenntnis, die Grenzen des Wissens im Nicht-Wissen, und die absolute Freiheit der Interpretation wird offenbar.“


(La vera conoscenza nasce dal nulla; liberandosi dal fattibile, il soggetto riconosce i limiti della conoscenza, limiti del sapere nel non-sapere, e la libertà assoluta dell’interpretazione si manifesta).


§5.4 – Dialektik der Unwissenheit — „Unwissenheit ist keine Schwäche, sondern die aktive Form des Bewusstseins; durch die Umkehr der Logik des Verstehens wird das Sein in seiner Nichtigkeit sichtbar, die Sichtbarkeit des Seins im Nichts.“


(L’ignoranza non è debolezza, ma forma attiva della coscienza; attraverso il rovesciamento della logica della comprensione, l’Essere appare nella sua nullità, visibilità dell’Essere nel nulla).


Kapitel VI – Ästhetik des Nicht-Handelns


§6.1 – Das Meisterwerk des Nicht-Schaffens — „Jedes Unterlassen ist ein Kunstwerk; im Nicht-Schaffen offenbart sich die höchste Form der Ästhetik, die höchste Ästhetik des Seins, die zugleich ethisch und ontologisch ist.“


(Ogni rinuncia è un’opera d’arte; nel non-creare si rivela la forma più alta di estetica, la massima estetica dell’Essere, che è al contempo etica e ontologica).


§6.3 – Schönheit im In-Sich-Ruhen — „Die wahre Schönheit liegt im In-Sich-Ruhen; durch die Stille wird das Sein sichtbar, die Sichtbarkeit des Seins, und das Nichts wird zum Medium der Erleuchtung.“


(La vera bellezza risiede nel riposo in sé; attraverso il silenzio l’Essere diventa visibile, visibilità dell’Essere, e il nulla diventa medium dell’illuminazione).


Kapitel VII – Negative Theologie und die Zeitlichkeit des Nichts


§7.5 – Das Arrethon als ontologische Struktur — Das Arrethon des Damaskios offenbart sich als die höchste Form des Nicht-Sein-für-Anderes; im Schweigen vor dem Unsagbaren wird das Sein-zum-Nichts zur mystischen Praxis, die zugleich Gottesnähe und radikale Autonomie ist.


(L’arrethon di Damascio si rivela come la forma più alta del Non-Essere-Per-Altro; nel silenzio davanti all’indicibile, l’Essere-al-nulla diventa pratica mistica che è insieme prossimità a Dio e autonomia radicale).


§7.7 – Die Un-Sorge vor dem Göttlichen — Die wahre Frömmigkeit liegt nicht im Tun, sondern im Sein-zum-Nichts vor Gott; wer sich der Un-Sorge hingibt, entdeckt das Göttliche als qualifiziertes Nichts, das jede Definition transzendiert und jede Handlung überflüssig macht.


(La vera devozione non sta nel fare, ma nell’Essere-al-nulla di fronte a Dio; chi si abbandona all’In-cura scopre il divino come nulla qualificato, che trascende ogni definizione e rende superflua ogni azione).


§7.9 – Der Kult des Un-Gesagten — Das Schweigen vor dem Nichts ist das höchste Gebet; in der radikalen Abwesenheit von Worten wird die Gegenwart des Arrethon erfahrbar, und das Un-Schaffen wird zur liturgischen Praxis des authentischen Seins.


(Il silenzio davanti al nulla è la preghiera suprema; nella radicale assenza di parole si fa esperibile la presenza dell’arrethon, e il Non-Creare diventa pratica liturgica dell’essere autentico).


§7.11 – Glaube als Form des Nichts — Der Glaube ist für den Negativisten weder Pflicht noch Verweigerung, sondern eine Form des Nichts, die man betreten oder verlassen kann, ohne sein Sein zu verlieren; jede Konfession wird zur Epoché, jedes Dogma zur Suspendierung.


(La fede, per il negativista, non è né dovere né rifiuto, ma una forma del nulla che si può abitare o lasciare senza perdere il proprio essere; ogni confessione diventa epoché, ogni dogma sospensione).


§7.13 – Die Zeitlichkeit des Ewigen im Nichts — In der Un-Sorge vor dem Göttlichen löst sich die ängstliche Zeitlichkeit auf; das Arrethon offenbart sich als ewige Gegenwart des Nichts, in der Vergangenheit und Zukunft in der radikalen Inaktivität aufgehoben werden.


(Nell’In-cura di fronte al divino si dissolve la temporalità ansiosa; l’arrethon si rivela come presenza eterna del nulla, in cui passato e futuro sono superati nell’inattività radicale).


§7.15 – Atheismus und Theismus in der Indifferenz — Atheist und Gläubiger sind gleichermaßen Gefangene ihrer Behauptungen; nur wer sich in die Indifferenz begibt, erreicht die Sphäre, in der das Göttliche als Schatten des Nichts erscheinen kann, ohne zu zwingen oder zu verneinen.


(Ateo e credente sono ugualmente prigionieri delle loro affermazioni; solo chi si immerge nell’indifferenza raggiunge la sfera in cui il divino può apparire come ombra del nulla, senza costringere o negare).


§7.17 – Das Heilige als Un-Handeln — Das Heilige offenbart sich nicht in religiösen Handlungen, sondern im vollkommenen Un-Handeln; jeder Verzicht auf Kult wird zur höchsten Form der Verehrung, jede Untätigkeit zur mystischen Vereinigung mit dem Arrethon.


(Il sacro non si rivela nelle azioni religiose, ma nel perfetto non-agire; ogni rinuncia al culto diventa forma suprema di venerazione, ogni inattività unione mistica con l’arrethon).


§7.21 – Mystik der radikalen Untätigkeit — Die mystische Erfahrung erreicht ihren Höhepunkt nicht in der Ekstase, sondern in der radikalen Untätigkeit; wer sich völlig dem Nicht-Handeln hingibt, vereinigt sich mit dem Göttlichen als qualifiziertem Nichts, ohne Mittler und ohne Methode.


(L’esperienza mistica raggiunge il culmine non nell’estasi, ma nell’inattività radicale; chi si abbandona completamente al non-agire si unisce al divino come nulla qualificato, senza mediatori e senza metodo).


§7.23 – Das Gebet des Schweigens — Das wahre Gebet ist Schweigen; jedes Wort entfernt von Gott, jede Bitte verrät das Arrethon. Nur im vollkommenen Un-Sprechen wird die Gegenwart des Unsagbaren erfahrbar, und das Sein-zum-Nichts wird zur höchsten Form der Anbetung. Das Schweigen vor dem Nichts ist das höchste Gebet


(La vera preghiera è silenzio; ogni parola allontana da Dio, ogni richiesta tradisce l’arrethon. Solo nel perfetto non-parlare si fa esperibile la presenza dell’indicibile, e l’Essere-al-nulla diventa forma suprema di adorazione. Il silenzio davanti al nulla è la preghiera suprema).


Glossar der Schlüsselbegriffe des Negativismus / Glossario dei termini cardine del Negativismo


1. Nicht-Sein-für-Anderes — „Nicht-Sein-für-Anderes“ bezeichnet die radikale Selbstbefreiung von allen externen Erwartungen und Zwecken; es ist das oberste Prinzip des Negativismus, in dem das Subjekt sich von der Fremdbestimmung löst und die maximale Freiheit erfährt.

Il Non-Essere-Per-Altro indica la radicale liberazione di sé da tutte le aspettative e finalità esterne; è il principio supremo del Negativismo, in cui il soggetto si libera dalla determinazione altrui e sperimenta la libertà massima.


2. Sein-zum-Nichts — „Sein-zum-Nichts“ bezeichnet die ontologische Haltung, in der das Individuum sein eigenes Sein nicht in produktiver Tätigkeit, sondern in radikaler Inaktivität entfaltet; das Nichts wird zum Medium der Erkenntnis und der Freiheit.

L’Essere-al-nulla indica l’atteggiamento ontologico in cui l’individuo realizza il proprio essere non nella produzione o nell’attività, ma nell’inattività radicale; il nulla diventa medium di conoscenza e libertà.


3. Un-Sorge — „Un-Sorge“ ist die Inversion der traditionellen Sorge; es bedeutet die Befreiung des Seienden von der Zweckbindung, wodurch eine radikale Offenheit gegenüber dem Nichts entsteht.

L’In-cura è il rovesciamento della cura tradizionale; significa la liberazione dell’esserci dal vincolo di finalità, generando un’apertura radicale verso il nulla.


4. Nicht-Schaffen —„Nicht-Schaffen“ bezeichnet die Praxis, bewusst auf produktive Tätigkeit zu verzichten; es wird zur höchsten ethischen, ästhetischen und ontologischen Praxis, in der Unterlassung selbst schöpferisch wird.

Il Non-Creare indica la pratica di rinunciare consapevolmente all’attività produttiva; diventa la massima pratica etica, estetica e ontologica, in cui l’astensione stessa si fa creativa.


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Giorgio Ruffa (c)2025


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